“Se uno sogna può pensare che questa spirale salga salga, senza fine… è la spirale dove si può raccontare tutto ciò che uno vuole, le proprie esperienze, la propria vita… i ricordi… questa forma crescente di vitalità e di speranze di arrivare a toccare il cielo”

 

Sono parole di Arnaldo Pomodoro che meglio di ogni altra descrivono la vocazione per questa forma, utilizzata sovente nelle sue creazioni, tra cui l’affascinante Torre a spirale II, del 1985, che incontriamo entrando nella sala di benvenuto a Tenuta Mara.

Tra i maggiori artisti italiani contemporanei, il grande scultore (classe 1926) nato a Morciano di Romagna, a due passi da San Clemente, è noto soprattutto per le sue sfere di bronzo – il materiale che più ama – lucide e perfette ma spaccate da squarci rivelatori di articolati meccanismi nascosti all’interno, una miscela di antichi caratteri cuneiformi e moderni ingranaggi. Tuttavia il suo ‘spirito geometrico’ include altre forme dall’essenzialità volumetrica e quindi il cubo, il cilindro, il cono, la cui perfezione viene rotta e frammentata per aprire al mistero.

La spirale conica che vediamo si sviluppa verso l’alto per segmenti circolari nettamente tagliati su cui sono iscritti i consueti segni plastici cuneiformi, incisi e in rilievo sulla superficie, che si succedono ascendendo come note in una composizione musicale. Le ferite aperte diventano ora più simili a cicatrici e richiamano i suoi primi bassorilievi intrisi di arcaica sacralità, ma sembrano anche una germinazione spontanea, l’affioramento di tracce di vissuto collettivo e personale che pervadono l’ambiente come un vortice di energia, il simbolo della presenza umana nel fluire dell’esistenza. Definita e indefinibile allo stesso tempo, Torre a spirale II svela la gioia e la forza della vita in una dimensione tra futuro e passato, tra immaginazione e memoria, per andare oltre le apparenze, per ricercare la profondità e l’essenza della realtà.

Arnaldo Pomodoro, Torre a spirale II, 1985