Un’atmosfera ammaliante si diffonde dal grande dipinto La magia (2013), esposto a Tenuta Mara. Una giovane donna assisa, alza lo sguardo e osserva qualcosa di straordinario: fumi voluttuosi, governati da una sacerdotessa, si espandono da un braciere e salendo raggiungono una finestrella aperta, per uscire da quello che sembra l’interno di un tempio.

L’artista Smko Tawfek, ci trasporta e coinvolge in un rito misterico e in un luogo esoterico che ispira una sacralità mediorientale, con la presenza di sculture votive, tappeti, omaggi floreali, e ci sembra persino di udire le ‘parole magiche’ della vestale il cui potere è comandare gli spiriti. Giocata sui contrasti di luce e ombra e divisa in due parti da una scalinata, la composizione si incentra sul punto di vista dal basso verso l’alto della fanciulla adepta e in lei ci immedesimiamo attendendo il risultato del sortilegio.

 

L’arte curda

Tawfek viene dal Kurdistan e ha esposto le sue opere in Europa e in Italia, come altri connazionali uniti nell’intento di far conoscere la storia del loro popolo attraverso l’arte; ma sono artisti ancora poco conosciuti e studiati perché è complesso stabilire i tratti caratteristici di un’arte propriamente curda (cultura millenaria ma non unitaria e suddivisa tra Turchia, Iran, Iraq e Siria) che affonda le radici nell’arte islamica ma subisce ormai le contaminazioni e le influenze occidentali*.

In particolare viene superata la totale esclusione di immagini realistiche, tipica della concezione musulmana dell’arte che, in risposta alla caducità dell’esistenza, può essere solo decorativa e astratta. Il dipinto che ammiriamo ne è un esempio; con stile pittorico di sapore ottocentesco, l’artista crea una raffinata opera figurativa in grado di evocare le antiche pratiche occulte diffuse nelle confraternite islamiche, come per esempio lo zoroastrismo (‘magia’ deriva per altro dal nome con cui i Greci chiamavano la dottrina praticata dai ‘Magi’, i sacerdoti zoroastriani della Persia), ma che assume un significato più generale, comune alle culture del mondo, ovvero il bisogno di affidarsi a poteri superiori e soprannaturali per dominare i fenomeni inconoscibili.

Una sapienza esclusiva antica, dal fascino imperituro, che diventa metafora della trasformazione degli elementi, soggetti alle forze inafferrabili della natura, da tenere sotto controllo con maestria, e in fondo anche l’arte del vino è una delicatissima alchimia e una favolosa ‘magia’.

* Shorsh A. Surme, Kurdistan. Storia, Società e Tradizioni, Arte e Cultura Religione, edizioni Pendragon 1998

Smko Tawfek, La magia, 2013