Un capolavoro di arte contemporanea fa bella mostra di sé nella pinacoteca di Tenuta Mara.
La Generalessa di Enrico Baj (1924 – 2003), pezzo storico del 1973, è uno dei famosissimi collage realizzati dal poliedrico maestro con i materiali più disparati, tra cui gli immancabili bottoni, la passamaneria e le medaglie, mescolati alla pittura. Un’immagine che fa sorridere ma che allo stesso tempo stimola la riflessione e l’immaginazione.
Grande artista e sperimentatore del XX secolo, oltre che saggista e vivace polemista, Baj ha vissuto e contribuito al rinnovamento artistico degli anni cinquanta e sessanta insieme a Fontana, Manzoni, Klein, intessendo rapporti con Duchamp, i colleghi del Nouveau Réalisme, il gruppo Cobra, e contatti con il Surrealismo e la Patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie creata dallo scrittore e drammaturgo francese Alfred Jarry.
Esordisce a Milano, sua città natale, alla Galleria San Fedele nel 1951, anno in cui fonda il Movimento Nucleare con Dangelo e Dova, sei anni dopo scrive il manifesto Contro lo stile, feroce critica al formalismo e alla serialità, e sarà sempre un artista impegnato e connesso con le trasformazioni politiche e sociali del tempo, denunciando ogni genere di prepotenza.
Con i collage, eredi delle creazioni di Kurt Schwitters e Francis Picabia, Baj svela gli stereotipi della società; le sue buffe figure sono dissacranti e grottesche, in particolare quelle ispirate al mondo militare, dai Generali alle Parate, e restituiscono una versione ironica e surreale della realtà. Attinge dalla moda, la riduce alle dimensioni atomiche degli elementi costituenti e con questi elabora e compone i personaggi con un’interpretazione personale e unica; nascono così figure goffe come la vanitosa generalessa di Tenuta Mara, fantocci pieni di orpelli e oggetti sfarzosi, che ne camuffano la mancanza di personalità, ovvero simboli di arroganza ignorante e cattivo gusto. La risposta dell’artista alla retorica e all’abuso del potere e al dominio del progresso tecnologico che ha portato al prevalere della forma sulla sostanza.