Nel magnifico paesaggio collinare di Tenuta Mara, disegnato dai filari delle vigne biodinamiche, due cavalieri si incrociano. Da opposte direzioni, un uomo e una donna senza vesti si guardano intensamente dall’alto dei loro destrieri e la tensione dello sguardo tra i due ha una forza tale da catalizzare le emozioni di chi li osserva.
Più da vicino si scopre qualcosa di molto interessante, le due figure sui rispettivi cavalli sono schiacciate sulla bidimensionalità come un altorilievo scultoreo ma a tutto tondo. Un sapiente modellato per volumi che da lontano ingannano l’occhio, simulando la prospettiva e la profondità, e a poca distanza rivelano tutta la forza espressiva della materia compressa.
L’incontro, dell’artista toscano Piero Sbarluzzi, opera del 2003, racconta l’essere umano, i suoi sentimenti, l’occasione di incontrarsi e riconoscersi nel profondo dell’animo, l’origine dell’amore e della vita; lo fa con armonia e semplicità formale e una certa sobrietà solenne di gusto novecentesco.
Maestro della terracotta, nato a Pienza nel 1939 e formatosi con gli artigiani della sua terra, a cui è fortemente legato, Sbarluzzi è molto apprezzato dalla critica per la capacità di far sentire vivi e presenti i suoi personaggi che rimandano a un mondo passato anche personale: figure a cavallo, bagnanti, bambini, famiglie e soprattutto scene di lavoro agreste raffigurate in pannelli ad altorilievo, tante microstorie di vita quotidiana e di affetti che aprono all’immaginazione.
La scultura di Tenuta Mara è stata esposta in altre versioni in piazze e mostre ma qui le due figure in bronzo hanno trovato una casa ideale; immerse nella natura, tra terra e cielo, e avvolte dalla musica classica, regalano un senso di pace e di serenità, mentre dialogano con le altre installazioni tra le vigne, in un gioco di corrispondenze.
“Le opere di Sbarluzzi sanno di eternità, di certezze rassicuranti, di valori familiari assoluti. Sono la forma di un mito, popolare e aristocratico allo stesso tempo, che contempla ancora l’armonia mundi e associa spontaneamente l’ulivo alla colonna, la creazione divina alla creazione umana. Un mito che si chiama Toscana”.
Vittorio Sgarbi